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La malattia del sonno, più specificamente conosciuta come tripanosomiasi africana umana, è una malattia parassitaria causata da un protozoo del genere Trypanosoma e trasmessa all’uomo attraverso il morso della mosca tse-tse diffusa nell’Africa sub-sahariana.

Gli stadi della malattia

In seguito alla puntura della mosca infetta, i parassiti entrano nel circolo sanguigno dell'ospite e iniziano a moltiplicarsi. Sebbene l'organismo produca anticorpi specifici contro i parassiti, una parte di questi riesce a sopravvivere e continua a riprodursi.

La tripanosomiasi africana ha 3 fasi:

  • Cutanea
  • Emolinfatica
  • Sistema nervoso centrale

Nella fase cutanea, una papula può svilupparsi a livello della sede della puntura della mosca tse tse in un tempo variabile da pochi giorni a 2 settimane. Essa evolve in un nodulo rosso scuro, dolente, indurito che può ulcerare.

Nella fase emolinfatica, che può durare fino ad alcuni mesi, il parassita si diffonde nei linfonodi del collo e si ha febbre intermittente, ingrossamento delle ghiandole del collo, del fegato e della milza. Se non è curata, la malattia entra nel secondo stadio, che può durare anche diversi mesi.

Negli stadi avanzati, infatti, il parassita attraversa la barriera ematoencefalica e invade il sistema nervoso centrale. Si parla allora di fase neurologica della malattia. In generale, essa corrisponde alla comparsa dei segni e dei sintomi manifesti della malattia: modificazioni del comportamento, confusione, disturbi sensoriali e cattiva coordinazione dei movimenti. I disturbi del ciclo del sonno, che danno il nome alla malattia, costituiscono un'importante caratteristica del secondo stadio
della malattia.

Come si cura?

Il tipo di trattamento dipende dalla forma della malattia e dallo stadio della malattia. Generalmente, farmaci utilizzati nella prima fase sono più sicuri e più facili da somministrare rispetto a quelli per la seconda fase.
La terapia combinata a base di nifurtimox-eflornitina è divenuta il trattamento standard raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e inserito nella lista dei farmaci essenziali, basato su farmaci molto più sicuri del precedentemente utilizzato melarsoprol, un derivato dell’arsenico che, sviluppato nel 1949, determina un tasso di mortalità del 5-20% tra i pazienti trattati.

Si tratta comunque di un trattamento che viene distribuito solo all’interno di strutture sanitarie e da personale esperto. Spetta al medico scegliere il principio attivo e la posologia più indicati per il paziente, in base alla gravità della malattia, allo stato di salute del malato ed alla sua risposta alla cura.

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